Fino al 2016 era attivo un sito internet, Experience Project, che rappresentava una delle più ampie comunità del 21° secolo. Milioni di utenti condividevano sulla piattaforma le loro dolorose esperienze, tutte vissute in prima persona. Leggendole, molte di quelle storie mi hanno spezzato il cuore, portandomi a riflettere su quanto i nostri cuori hanno disperatamente bisogno di qualcuno che veda—che comprenda—il nostro dolore.
In Genesi si racconta la storia di una giovane schiava che mostra molto bene quanto vedere la sofferenza di qualcuno sia un dono prezioso.
Agar era una schiava data probabilmente ad Abramo dal faraone d’Egitto (vedi Genesi 12:16; 16:1). Quando Sara, moglie di Abramo, si accorse di non poter avere figli, diede al marito la sua serva Agar, una pratica problematica eppure piuttosto comune a quei tempi. Ma quando Agar si accorse di essere incinta, le tensioni si fecero vive e scappò nel deserto per sfuggire alle angherie di Sara (16:1-6).
Ma la difficile situazione di Agar—incinta e da sola in un deserto arido e mortale—non sfuggirono agli occhi di Dio. Dopo che un angelo incoraggiò la donna (vv. 7-12), lei chiamò Dio: “Colui che mi ha visto” (v. 13).
Agar stava lodando Colui che aveva visto molto più che solo i fatti. Lo stesso Dio si è rivelato in Gesù, Colui che “vendendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Matteo 9:36). Agar incontrò il Dio che comprende.
Colui che vide e comprese il dolore di Agar vede anche il nostro (Ebrei 4:15-16). Fare esperienza dell’empatia celeste può aiutarci a trasformare ciò che è insopportabile in qualcosa che diventa sopportabile.