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Articles by David C. McCasland

Concedersi un momento

Durante una discussione sulla trilogia del film Il Signore degli Anelli, un ragazzino disse che per lui leggere la storia nel libro era stato più emozionante che guardare il film. Quando gli fu chiesto il motivo, rispose: “Con un libro, posso restare lì tutto il tempo che mi va”. C’è qualcosa di molto speciale nell’assaporare con calma un libro, specialmente la Bibbia, e concedersi un momento per “restare” nelle storie.

Piangere con chi piange

Nel 2002, alcuni mesi dopo la morte di mia sorella Martha e suo marito Jim per un incidente stradale, un amico mi invitò a un incontro in chiesa chiamato “Crescere attraversando il dolore”. Accettai riluttante di partecipare una prima volta, deciso a non tornare in seguito. Con mia sorpresa, trovai un gruppo di persone che, come me, lottava con un lutto importante nella propria vita, e nel farlo, si appoggiava all’aiuto di Dio e di altre persone. Settimana dopo settimana, tornai agli incontri, e mi accorsi che condividere insieme il dolore mi aiutava ad accettare ciò che era successo e a trovare pace.

Stai tranquillo

“Abbiamo creato più informazione negli ultimi cinque anni che in tutta la storia dell’umanità, e continuiamo a riceverne, in continuazione” (Daniel Levitin, autore di The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload). “In un certo senso,” sostiene Levitin, “abbiamo una dipendenza da iper-stimolazione”. Il continuo bombardamento di informazioni e conoscenza può gravare sulle nostre menti. Nel nostro contesto contemporaneo, in cui i media ci inseguono costantemente, diventa per me sempre più difficile trovare il tempo per stare tranquillo, pensare, e pregare.

Disponibile per tutti

Nella nostra cultura ossessionata dalla fama, non sorprende che nel mondo degli affari le celebrità vengano considerate “un prodotto . . . Quindi è possibile comprare sia il loro tempo che le loro attenzioni”. In un suo articolo sul New Yorker, Vauhini Vara spiegava che per 15,000 dollari puoi avere un incontro personale con la cantante Shakira, e per 12,000 dollari puoi trascorrere un pranzo con undici tuoi amici presso la tenuta del noto Michael Chiarello.

Mostrare grazia

Il Masters Tournament americano si tenne per la prima volta nel 1934 e da allora solo tre giocatori sono riusciti a vincere il titolo per due anni di fila. Il 10 aprile 2016, sembrava che il ventiduenne Jordan Spieth potesse diventare il quarto. Ma sbagliò le ultime nove buche e arrivò secondo. Nonostante la delusione per non aver vinto, Spieth mostrò grazia verso il vincitore, Danny Willett: si congratulò per la vittoria e anche per la nascita del suo primo figlio, un evento “ben più importante del golf”.

Per ogni generazione

I miei genitori si sposarono nel 1933, durante la Grande Depressione. Io e mia moglie apparteniamo entrambi alla generazione del “Baby-Boom”, gli anni in cui si moltiplicarono le nascite in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Le nostre quattro figlie, nate tra gli anni Settanta e Ottanta, appartengono invece alla generazione X e Y. Facendo parte di generazioni tanto diverse, non c’è da sorprendersi se spesso abbiamo opinioni opposte su molte cose!

Ciò che portiamo a casa

John F. Burns ha trascorso quarant’anni a girare il mondo per conto del giornale The New York Times. Nel 2015, in un articolo scritto dopo il suo pensionamento, Burns riprese le parole di un suo amico giornalista che stava morendo di cancro. “Non dimenticare mai,” gli diceva l’amico, “che non è quanto hai viaggiato che fa la differenza, ma cosa hai portato a casa”.

Oltre le etichette

Una delle chiese nella mia città ha esposto un cartello di benvenuto che esprime l’idea dell’amore e della grazia di Dio per tutti. Dice: “Se sei un . . . santo, un peccatore, un perdente, un vincente”—seguono diversi termini per indicare persone in difficoltà—“un alcolizzato, un ipocrita, un traditore, un pauroso, un ribelle . . . Sei il benvenuto qui”. Uno dei pastori mi ha spiegato: “Ogni domenica leggiamo ad alta voce questo cartello durante il nostro incontro di lode”.

Potrei dirlo anch’io?

“La percezione del favoritismo è uno dei fattori che determina la rivalità tra fratelli,” scrive la dott.ssa Barbara Howard, esperta di problemi comportamentali, in un articolo su nytimes.com. Un esempio di questo problema potrebbe essere Giuseppe, personaggio dell’Antico Testamento, figlio prediletto di suo padre. I suoi fratelli lo odiavano per questo (Gen 37:3-4), così vendettero Giuseppe ad alcuni mercanti diretti in Egitto, inventandosi che un animale feroce lo avesse sbranato (37:12-36). I suoi sogni erano all’improvviso infranti e il suo futuro sembrava senza speranza.