La bellezza di un vaso rotto
Il Kintsugi è un’arte giapponese centenaria che consiste nel riparare ceramiche rotte. Della polvere d’oro unita a resina viene utilizzata per riattaccare frammenti rotti o riempire crepe, fissando i pezzi in modo stabile. Invece che nascondere la riparazione, questa arte trasforma una cosa rotta in qualcosa di meraviglioso.
Trovare la via d’uscita
A Santa Barbara, California, c’è una strada con un nome curioso. Si chiama “Salsipuedes”, che significa “vai via, se puoi”. Un tempo la zona era delimitata da una palude che a volte si allagava, così gli urbanisti di lingua spagnola scelsero un nome che fosse anche un avvertimento—piuttosto chiaro—di stare alla larga dal posto.
Lodare nelle tenebre
Nonostante il mio amico Mickey stesse perdendo la vista, mi disse: “Continuerò a lodare Dio ogni giorno, perché ha fatto molto per me”.
Sempre in ascolto
Papà era un uomo di poche parole. Aveva un problema di udito che risaliva al servizio militare e per questo portava l’apparecchio acustico. Un pomeriggio in cui io e mia madre stavamo parlando già da parecchio tempo—troppo, per i gusti di mio padre—lui scherzando ci disse: “Quando voglio un po’ di pace e silenzio, mi basta fare così”. Alzando entrambe le mani contemporaneamente, spense gli apparecchi nelle sue orecchie, incrociò le mani dietro alla testa, chiuse gli occhi e fece un gran sorriso.
Il nostro miglior amico
Quando avevo 12 anni la nostra famiglia si trasferì in una città nel deserto. Alla fine delle lezioni – allora frequentavo il liceo – per il gran caldo correvamo a dissetarci alla fontana. Essendo piuttosto piccolo e esile per la mia età, a volte venivo spinto via mentre facevamo la fila. Un giorno il mio amico Jose, che invece era fin troppo grande e grosso per la sua età, osservò la scena. Intervenne infilando il suo forte braccio per spianarmi la strada. “Ehi!” esclamò, rivolto ad uno dei prepotenti, “Ora lascerai bere Banks per primo, chiaro?” Non ho mai più avuto problemi alla fontana dopo quel giorno.
Amore e scarpe vecchie
A volte a me e mia moglie capita che l’uno finisca la frase dell’altro. Dopo più di trent’anni di matrimonio, conosciamo a fondo il modo di pensare e parlare dell’altro. A volte non è neanche necessario finire la frase; una parola o uno sguardo sono sufficienti per esprimere un pensiero.
Appoggiarsi a Gesù
A volte, quando la sera appoggio la testa sul mio cuscino, immagino di appoggiarmi a Gesù. Ogni volta che mi capita, mi viene in mente quello che la Parola di Dio ci dice dell’apostolo Giovanni. Giovanni stesso scrive che in occasione dell’ultima cena era seduto accanto a Gesù: “Ora, a tavola, inclinato sul petto di Gesù, stava uno dei discepoli, quello che Gesù amava” (Giovanni 13:23).
Ti ricordi quando . . .
Nostro figlio ha lottato contro la sua dipendenza dalla droga per sette anni e durante quel periodo io e mia moglie abbiamo passato giorni molto difficili. In quella fase di preghiera e attesa abbiamo imparato a festeggiare per le piccole vittorie. Se per 24 ore non accadeva niente di brutto, ci dicevamo: “Oggi è stata una buona giornata”. Questa breve frase è diventata per noi un promemoria dell’importanza di ringraziare Dio per il Suo aiuto nelle cose più piccole.
Qualcuno da celebrare
In molte rappresentazioni della natività i sapienti dall’Oriente—o magi—si trovano a Betlemme, in visita a Gesù, nello stesso momento dei pastori. Ma secondo il Vangelo di Matteo, l’unico che racconta la loro storia, i magi giunsero in un secondo momento. Gesù non giaceva più nella mangiatoia di una stalla ma si trovava in una casa. Matteo 2:11 specifica infatti: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra”.