Quando nel 2014 un’azienda pubblicitaria alterò una foto della famosa statua del David di Michelangelo, il governo italiano e i sovrintendenti della galleria protestarono. Mostrare un’immagine del David con un fucile a tracolla (al posto della sua fionda) è “un atto di violenza, peggio che prendere l’opera a martellate”, per dirla con le parole dell’assessore comunale.

Nella Gerusalemme del primo secolo, il re David era ricordato come pastore, cantautore e re-soldato, custode delle più preziose memorie e speranze di Israele. I profeti avevano predetto che i discendenti di Davide avrebbero alla fine sconfitto i nemici di Israele. Così, secoli dopo, quando le folle accolsero Gesù come Il figlio di Davide (Matteo 21:6-9), si aspettavano che Egli li guidasse nella rivolta per scacciare gli invasori Romani. Ma Gesù ribaltò i banchi dei cambiamonete nel tempio, ripulì la casa di Suo Padre per renderla una casa di preghiera per tutte le nazioni. I capi del popolo erano furiosi. Non era il tipo di Messia o figlio di Davide che essi cercavano. Così, senza rendersi conto di quello che stavano facendo, misero tra le mani dei soldati romani un martello, perché inchiodassero le mani e i piedi della vera gloria di Israele.

Gesù non li fermò. Anzi, permise loro di issarlo su una croce vergognosa, di disprezzarlo e umiliarlo. Solo con la Sua resurrezione si comprese che il vero Figlio di Davide aveva sconfitto i Suoi nemici usando l’amore. Noi, figli di tutte le nazioni, abbiamo l’onore di diffondere questo messaggio.